“Dopo un raccolto ne viene un altro” Alcide Cervi, 25 Ottobre 1945.

Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio ed Ettore.

La storia dei Fratelli Cervi è patrimonio dell’intero movimento antifascista. Una famiglia, quella dei Cervi, che ha pagato un prezzo altissimo per il proprio impegno antifascista e che nonostante questo è andata avanti, testimoniando col proprio sacrificio prima la lotta contro il fascismo e dopo l’impegno per la memoria. Perché dopo la morte dei 7 fratelli è Alcide a dare un volto alla Resistenza, non solo reggiana.

Un volto scavato e sofferente come può esserlo quello di un padre costretto a seppellire i propri sette figli, ma comunque deciso ad andare avanti per custodire quella memoria. Perché consegnare all’oblio quella storia sarebbe come uccidere una seconda volta quei poveri ragazzi.

L’impegno di Alcide quindi è quello di rimanere a Campegine, in quella casa ormai vuota che però rappresenta l’ultimo ricordo di quei figli. Il ricordo dei mille patimenti subiti prima ma anche dopo, come quando nel 1944 i fascisti incendiarono la casa.

La forza di Alcide però è anche quel ricordo dei 7 fratelli che, il 25 luglio 1943, festeggiarono la caduta di Mussolini invitando i propri compaesani a mangiare la pastasciutta.

Ai fratelli Cervi, giustiziati al poligono di tiro di Reggio Emilia il 28 dicembre ’43 sono state dedicate canzoni, libri, film e rappresentazioni teatrali ma forse il brano che riassume meglio la loro storia è “la pianura dei sette fratelli” dei Gang:

Sette uomini sette sette ferite e sette solchi
Ci disse la pianura i figli di Alcide non sono mai morti

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