“Per ordine del Comando supremo italiano e per volontà degli ufficiali e dei soldati, la divisione Acqui non cede le armi” (Generale Antonio Gandin, 14 Settembre 1943)

Cefalonia, oggi si presenta come una splendida isola dello Ionio, affacciata davanti allo stretto di Patrasso. Nulla fa immaginare quello che qui accadde nel settembre 1943. A seguito della campagna di Grecia l’isola era presidiata infatti da militari italiani. Assieme a loro anche un contingente tedesco.

Poi venne l’8 Settembre 1943, l’armistizio con gli alleati e quel proclama di Badoglio che getta nel caos l’intero esercito italiano:

“Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane.

La richiesta è stata accolta.

Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo.

Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza.”

La guerra era finita! L’Italia si arrendeva agli alleati. Mentre Badoglio e casa reale riparavano a Brindisi l’intero esercito era lasciato privo di direttive al di là di quello scarno proclama affidato alla radio. Un comunicato colpevolmente ambiguo che non spiegava ai soldati come comportarsi con gli ex alleati tedeschi. I quali (tedeschi) erano presenti in forze in diverse parti del paese ed in poche ore avranno modo di occupare quasi tutta l’Italia.

Viene alla mente la memorabile scena di “Tutti a Casa”, film di Luigi Comencini (1960):

E a Cefalonia?

Come si diceva nel settembre 1943 l’isola greca era presidiata da circa 11.500 uomini della divisione Acqui, rinforzata con artiglierie costiere e contraeree e piccoli contingenti di marina e guardia di finanza. Inoltre circa 2.000 tedeschi.
Nell’immediatezza dell’armistizio i tedeschi chiesero al generale italiano (Antonio Gandin) di arrendersi.

(…)La relativa lontananza dalla costa e la debolezza delle forze tedesche sull’isola permisero al generale Gandin, comandante della divisione Acqui, di prendere tempo, malgrado le pressanti richieste tedesche di resa e l’atteggiamento offensivo dei suoi uomini, fino al 14 settembre, quando ebbe dagli alti comandi di Brindisi chiari ordini di resistenza.
Comunicò quindi che “per ordine del Comando supremo italiano e per volontà degli ufficiali e dei soldati, la divisione Acqui non cede le armi”. Il 15 iniziarono i combattimenti, prima con attacchi italiani stroncati dagli Stukas, poi il 21 – 22 con una offensiva tedesca che portò al crollo della resistenza italiana. Fin qui siamo nell’ambito di “normali” azioni di guerra, poi scattò la rappresaglia criminale secondo gli ordini di Hitler, i soldati italiani vennero trucidati a migliaia dopo la resa. Il 24 furono fucilati circa 200 ufficiali. Il totale dei caduti italiani ammonta a circa 6.500 sugli 11.500 presenti a Cefalonia, compresi quasi tutti i 525 ufficiali. (…)”.

Brano tratto da “Le guerre italiane: 1935-1943” di Giorgio Rochat (Einaudi 2005)

La storia dell’eccidio di Cefalonia è l’ennesima pagina dolente consegnataci dal ventennio fascista. Una guerra (quella greca) in cui Mussolini aveva maldestramente cercato di compiacere l’alleato nazista ma che poi si rivelò una sconfitta bruciante. Un’alleanza, quella italo-tedesca in cui i tedeschi in più occasioni umiliarono il nostro esercito, che aldilà della propaganda fascista era impreparato ed inadeguato ad affrontare una guerra mondiale.

Fino ad arrivare alle concitate fasi dell’armistizio. Quell’episodio viene utilizzato strumentalmente dai generali tedeschi come dimostrazione del tradimento dei militari italiani, che saranno disarmati, uccisi o deportati. Il tutto con la complice assenza del governo e dei regnanti. E con le atrocità efferate perpetrate dai nazisti, come nel caso dell’eccidio di Cefalonia, con migliaia di soldati passati per le armi.

Tutto finito? In realtà no. Proprio nel momento più tragico gli italiani trovano lo slancio ideale e la forza per combattere una nuova guerra. Una guerra di liberazione dai nazisti e dai fascisti. Una guerra che consentirà a tutti gli italiani di affrancarsi dal ventennio fascista.

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