Silenzio..per i Kings of Convenience

Kings of Convenience

I Kings of Convenience sono due ragazzi norvegesi, Erlend Øye e Eirik Glambæk Bøe, che si conoscono da sempre e suonano insieme da altrettanto. Sono un duo acustico che ha fatto della propria esiguità per numero di componenti e per decibel emessi un punto di forza, che unite alle raffinate sonorità li hanno portati a riscuotere un buon successo su scala internazionale.

I Kings of Convenience sono due gran secchioni. Entrambi sono decisamente versatili, tanto che i progetti personali che hanno portato avanti negli anni li hanno visti laurearsi, scrivere, esibirsi suonando musica elettronica nei migliori club europei e cantare persino in italiano.

Quest’estate (il 28 luglio, ndr) ho avuto il piacere di sentirli esibirsi dal vivo in una soluzione live del tutto originale ospitata dalla cornice mozzafiato del borgo antico di Verucchio, un paese a qualche curva da Riccione che porto nel cuore da sempre.
L’occasione per i KoC era quella di riproporre il loro primo album, Quiet is the New Loud (2001) per ripercorrere i gli esordi ed essere nuovamente permeati dalle sensazioni inebrianti e nuove dei primi live. A raccontarlo sono proprio loro, prima e durante l’intervallo tra lato A e lato B di un immaginario Long Playing, in un’intervista molto spontanea curata da Fabrizio Nikki Lavoro, che dai microfoni di Radio DeeJay ha avuto modo di incontrare e raccontare l’evoluzione del duo durante gli anni.
Si parla di esordi e di un primo concerto a Covent Garden a Londra, uguale a tante altre prime esibizioni, con pochissime presenze e poco calore. Si parla di vita, di evoluzioni, di studi. Si sbottonano i KoC e dicono che stanno registrando un nuovo album che i fans aspettano da sei anni.

Da spettatrice mi emoziono molto.
Perchè Quiet is the New Loud è la colonna sonora che mi ha tenuto una mano sulla spalla durante la mia interminabile tesi, perché non me lo ricordavo quasi e perché trovarla qui nel paesino in cui mi portavano a spasso i nonni quando ero alta appena un metro è uno di quei mix letali che farebbero piangere anche il Grinch.

Ma io non ho avuto tempo di piangere, mentre le tracce suonavano a due nello stessa successione del disco, con una grazia cristallina. E non ho avuto modo di piangere neanche dopo, perché come nelle migliori favole mi sono ritrovata prima a cena con i KoC a parlare di filosofia, arte, cibo e De Gregori che canta negli outlet, poi di nuovo a Verucchio con Erlend e Eirik che si esibiscono ancora per i pochissimi rimasti a godersi la brezza notturna che accarezza la piazza. E lo fanno con la naturalezza di quei ragazzi con la passione fresca per la musica che non mancano nessuna occasione per sfoderare la chitarra e mettersi a suonare.
Nessuno schiamazzo nonostante l’ora tarda, i Kings of Convenience sfiorano appena le corde e armonizzano soffiando appena una decina di pezzi, tutte cover, come It’s my party di Lesley Gore, Redemption Song di Bob Marley e – a sorpresa- Una ragazza in due dei Giganti [E una canzone che parlava di Buste, ma non sono riuscita a capire di chi fosse].

Sono tornata verso casa con l’alba che si formava davanti ai miei occhi ancora pieni di meraviglie, incredula ma appagata nello spirito di quella contentezza genuina che soltanto la musica è capace di regalare.

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Le tracce:

Winning a Battle, Losing the War
Toxic Girl
Singing Softly to Me / The Girl From Back Then
I Don’t Know What I Can Save You From
Failure
Leaning Against the Wall
Little Kids
The Weight of My Words
Summer on the Westhill
The Passenger
Parallel Lines

____
Homesick
Mrs Cold
Miseread

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Autore
Saki

Sono nata con l’aria di neve e tutto il sistema solare contro.
Diffido da chi abusa dell’aggettivo carino e non parlo con chi lo declina in superlativo.
Ammiro chi si sveglia presto.
Ignoro chi la musica la ascolta tutta e si definisce un po’ pazzo.
Amo gli alberi spogli di gennaio, le foglie secche di ottobre e le giornate interminabili di giugno.
Non so farmi i selfie.
Predico bene e razzolo di merda.
Gatteney e Rock’n’roll.

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