Breve storia di sudore e maturità

Leggevo qualche giorno fa su Il Resto del Carlino, la notizia che a partire dall’anno scolastico 2017-2018, la maturità non vedrà più tra le sue protagoniste né la tesina né la temutissima terza prova. Non so voi, ma io quest’ultima la temetti tantissimo. Ora mi immagino la standing ovation del mio prof di italiano alla visione del “temetti”. Comunque, non perdiamo il filo, e torniamo alla notizia. Cancellate tesina e terza prova, non male direi no? Ragazzacci fortunati mi viene da esclamare, senza dover per forza scomodare natiche o terminologie dialettali.

Notizia importante per il quotidiano, prima pagina, e a corredo una classica foto di studenti piegati sui banchi, sommersi dal sudore di luglio. Un sudore che ritrovo nella notte, quando l’incubo di dover ripetere l’ultimo anno e l’esame, sporadicamente mi fa capolino. Caro incubo, io non ti capisco. Ti confesso che la seconda quinta fu una passeggiata, mi stupisce la tua presenza, ed il ricorrere di questo sudore notturno. Velocissimo appello: se qualche professionista degli incubi, si volesse gentilmente attivare per spiegarmi questa sgradita ricorrenza, gliene sarei grato.

Ricordo la scuola superiore con piacevole nostalgia. Sei anni pieni, vissuti, sudati. Mi piacque sorprendentemente tanto ripetere l’ultimo anno. Fu anche Malta per la seconda volta in gita scolastica, e per questo ringrazio i miei per la concessione.

Arrivò l’esame. Prima prova, saggio breve. Vigilia serena: 12 o 13/15esimi li avrei portati a casa. Fu così, 12. Seconda prova, matematica. Vigilia serena: consapevole di non sapere di socratiana memoria. Fu 9 su 15. Il mio prof di matematica ancora non ci crede dopo quasi 6 anni. Terza prova: la signorina Vigilia Serena ebbe un altro appuntamento quella sera. Ricordo che l’unica cosa che mi rassicurò, fu sapere che la signorina Vigilia Serena non avesse in programma nessun appuntamento con qualche mio compagno. L’idea di essere tutti sulla stessa barca che apparentemente affonda, è incredibilmente tranquillizzante.

Ricordo nitido di quella mattina a ripassare disperati, con l’illusione che potesse servire a qualcosa: che teneri. Quattro materie, tre domande a materia, dodici in totale, un’ora di tempo, impossibile! Corsa sfrenata contro il tempo, calligrafie geroglifiche, mani sudate (potevano mancare?), un’ora che passò troppo rapidamente per esserlo effettivamente. Tempo scaduto, “su le mani“, urlarono i prof come giudici di Masterchef, la consegna del compito, il battito che a poco a poco tornò regolare. Non mi andò male.

Ultimo giro di boa, l’orale. Un viaggio lungo 6 anni stava per concludersi, e non vi nascondo che un po’ ne ero dispiaciuto. Lo affrontai con serenità, sentivo di giocarmela in casa. Andò bene, sembrai ferrato anche sulle materie scientifiche, che in realtà hanno sempre rappresentato il mio tallone d’Achille. Salutai tutti, sfilai la chiavetta USB dal PC, varcai la porta al rallenty, un vuoto incredibile. Il primo passo all’interno di una nuova fase della vita.
Felicissimo, emozionato, ma anche perso, senza un obiettivo per il giorno dopo, un po’ svuotato, perché il viaggio che si era appena concluso attraversando quella porta, mi aveva dato tanto. Andai alla macchina, chiamai mia madre:”è finita mamma, ci vediamo fra poco a casa“.

Sono le 4 della notte, e a sei anni di distanza mi ritrovo ancora a svegliarmi frastornato, particolarmente sudato, ma consapevole: è solo un sogno Luca, il diploma è appeso al muro, puoi tornare a dormire.

L.

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