Igorrr. L’ultimo avanguardista

Igorrr

Non vi racconterò dei passati concerti degli Smashing Pumpkins all’Unipol Arena e dei Nu Guinea, prima al Robot poi al Locomotiv, sebbene abbia partecipato a entrambi. Troppo facile: concerto epico di tre ore del buon vecchio Billy Corgan, balli scatenati senza freni con lo spettacolo del duo partenopeo, accompagnato dalla densa live band.
No. Voglio raccontarvi, devo raccontarvi, di un’altra formazione estremamente particolare. Di Igorrr. Francese. Francesi. Al Locomotiv, in un giovedì sera in cui la pioggia avrebbe fatto rimanere a casa anche il più agile dei fricchettoni.
Ci ritroviamo al solito Kinotto Bar (pace all’anima di Freak Antoni) seduti fuori nelle panche di legno inzuppate d’acqua. La birra scende nonostante la metereopatia. Oltretutto non c’è molto movimento, il botteghino che marco da lontano tarda ad aprire i battenti, di gente non se ne vede, il fatto che inizialmente il concerto doveva tenersi dai cugini del Freakout desta in noi perplessità e insicurezza. Che si aggiungono al clima. Dunque bene, lo status è perfetto per ciò che ci accingiamo a vedere, incuriositi dalla stravaganza del genere (genere?!).
Lì davanti era diverso, anche una volta dentro, un Locomotiv diverso, spazio tra di noi, gente veramente agli antipodi, tra gruppozzi di regaz e vitelloni dark.
Igorr, creatura di Gautier Serre, musicista francese, mente della band, dj compositore, e i suoi colleghi, la notevole cantante Laure Le Prunenec, il folle, Laurent Lunoir ed il batterista Sylvain Bouvier, si sono fatti attendere parecchio, il tempo di passare ai vodka-tonic, per poi comparire nella tetra scenografia spezzando il tappeto gregoriano che stava sinora dispensando visioni di tempi in costume nella folla, ormai più folta.
Quello che propone Igorrr è uno spettacolo sperimentale frutto della fusione, se così può dirsi, di diversi generi musicali. Si mescolano così breakcore e musica lirica, funky e death metal, elettronica e demenziale. Il risultato è potente. Impattante. Vintage. Venne coniata la definizione di Baroquecore. E così sia.
Il concerto ha riproposto quasi tutti i brani dell’ultimo album Savage Sinusoid.
Non starò a commentarvi pezzo per pezzo perché no, non sono un fan ideale, non ascolto frequentemente questo genere di musica chiuso nella mia cameretta psicologica. Ma mai dire mai.
La variegazione dei suoni e la particolare conformazione della band hanno fatto sì che alcune canzoni esaltassero l’immensa e affascinante Laure, altri abbiano scatenato la bestialità di Laurent, oppure lo stesso Gautier, fino al marasma sonoro più totale.
Così Au Revoir, che ben amalgama la componente barocca e lirica con gli intermezzi più spigolosi.
O anche la bellissima e lunghissima Opus Brain, che coreografizzata così bene dai nostri eroi riusciva a imprimere forti emozioni.
Credo che sul palco la figura più scenica e determinante sia proprio quella della ragazza, non credo possa esserci live diverso. Veramente difficile cinguettare in mezzo alla breakcore per poi sbattersi su di un death-m vecchia maniera. Impressionante.
Bellissime anche Viande, corale, e Spaghetti Forever, allucinante. Tracce in cui Igorrr ci trascina dallo spazio transumano agli inferi più profondi e antichi, senza nemmeno il tempo di capire, non le domande giuste, tantomeno le risposte.
Per gli amanti del genere Laurent Lunoir deve rappresentare tanta roba, questo signor cavernicolo con indosso una maschera di trucco che si scaglia sulla folla quando Gautier decide di riportarci nelle caverne di metallo.
E ancora brani degli altri album. E il delirio Cheval. E il bis. E i vodka-tonic.
Io e i miei compari, fedeli critici e curiosi avanguardisti, ne usciamo appagati. Al momento di pompare Igorrr non ha deluso. Anche la violenza sprigionata dai timbri più classici (qualora tale aggettivo possa essere miniante accostato) è rimasta pulita e poco banale. L’unico neo forse il volume inizialmente troppo basso, almeno per il target di partecipanti, trovatosi lì anche perché qualche disturbino ce lo deve avere, suvvia. Me compreso.

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Autore
Leonardo

Trenta da poco.
Cresce nel verdissimo paesino marchigiano, poi il trapianto a Bologna, tra studi e lavoro. Diventa la città su misura, dove convivono arte e musica, sballo e balotta, e la possibilità di finire sulla strada di RFA.

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