This is the Sonics

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Una cena in Bolognina con la mia amica prediletta. Hamburger e schifezze varie. E birre varie. Il venerdì faccio fatica ad andare oltre, dopo una settimana di sbattimenti il mio obiettivo serale di solito si riconduce all’usura estrema del sacro divano di casa. Con annessi vizi e stravizi.

Lei: “Ohi stasera ci sono i Sonics, qua di fianco, al Locomotiv!”

Me: “Chi?? Già sono stanco e mezzo sbronzo, lascia stare…”

Lei: “Ma dai li conosci! Quelli di Have Love Will Travel! Belli e divertenti dai! Alza il culo”

Ho strappato altre due medie e la promessa di non ballare neanche una nota, va bene andiamo, me la caverò con poco.

All’ingresso dell’ormai collaudato locale una fauna molto eterogenea, era tempo che non mi veniva il dubbio di essere il più giovane della situazione. Questo mi ha rafforzato anima e corpo. E sete.

I non più regaz sfoggiavano una certa attitudine, a fumar paglie carichi come poche volte durante l’anno, anche bizzarramente addobbati. Chiodi e banane. Un contesto curioso.

Si entra. Si ordina. Inizia il concerto.

Vengo coinvolto subito da una grande energia. La chitarra inizia a urlare e il sound rockeggiante, sostenuto, comincia a far muovere le prime file davanti al palco.

Qualche canzone la conosco eccome: I don’t need no doctor, Be a woman, Strychnine, ma quello che mi colpisce di più è l’atteggiamento della band. Ohi questi hanno iniziato nel 1960 e sono qua a sfornar concerti di questo tipo? Sul palco si sentono a loro massimo agio, sono coinvolgenti, non si fermano un secondo. Mi sento in un posto che non ha nulla a che fare con il locale, quasi proiettato in altri anni. La semplicità con cui suonano trasmette quella fiducia che permette al pubblico di pensare solo a divertirsi, a scatenarsi.

E in effetti così accade. La loro musica spazia dal rock’n’roll classico al protopunk, il clima passa dalla balera al pogo, il ritmo è davvero intenso, potete capire queste coppie di ex sessantottini catapultate indietro nel tempo che perdono tutti i freni inibitori. Nel loro volto divertimento autentico. Rigagnoli di sudore e brillantina.

La mia amica non si tiene e quelle birre dissetano l’anima. I Sonics vanno avanti per più di un’ora, instancabili. Ancora ho l’immagine del bassista, seduto, che nonostante la cappa d’afa ha avuto per tutto lo show i capelli mossi da un’aria di cui ancora non mi spiego la provenienza. Sembrava a cavallo di una moto. Lo rendeva quasi un supereroe, a un certo punto pensavo spiccasse il volo.

Un concerto tutto d’un fiato che sarebbe piaciuto a tanti e che tanti hanno sbagliato a perdersi. I Sonics hanno da impartire lezioni a tante band insignificanti che si trovano in giro. La musica che propongono e il loro divertirsi dopo tanti anni d’esperienza facciano riflettere su cosa significa davvero suonare.

Mi sono ritrovato davanti vicino al palco. Milf ovunque. Stremate ma ancora assetate di quel rock sporco e dannato. Ok, fermiamoci ancora un altro po’, questo venerdì così rétro può riservare sorprese!

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Autore
Leonardo

Trenta da poco.
Cresce nel verdissimo paesino marchigiano, poi il trapianto a Bologna, tra studi e lavoro. Diventa la città su misura, dove convivono arte e musica, sballo e balotta, e la possibilità di finire sulla strada di RFA.

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