Focus – Il codice di condotta per le ONG

Nave in mare

di Margherita Crepaldi

Il codice di condotta per le ONG (Organizzazione non governative) impegnate nel salvataggio dei migranti nel Mediterraneo è entrato in vigore il 31 luglio del 2017. Il testo è stato scritto dal Viminale, in accordo con la Guardia Costiera italiana, dopo aver ottenuto il beneplacito dei ministri dell’Interno dei Paesi membri dell’UE, riuniti nel vertice di Tallin, tenutosi il 6 luglio 2017. In sintesi, il documento si articola in tredici punti:

  1. Impegno (per le navi presenti nel Mediterraneo) a non entrare nelle acque libiche, salvo in situazioni di grave ed imminente pericolo.
  2. Obbligo di non spegnere o ritardare la trasmissione dei segnali di identificazione.
  3. Impegno a non effettuare comunicazioni o mandare segnali luminosi per facilitare la partenza di mezzi che trasportano migranti.
  4. Impegno ad attestare l’idoneità tecnica della nave e l’addestramento dell’equipaggio per le attività di salvataggio.
  5. Obbligo di notificare l’intervento di ricerca e salvataggio al Centro di Coordinamento Marittimo ed impegno ad informarne le autorità competenti dello Stato di bandiera, assicurando loro anche costanti informazioni sulle attività svolte.
  6. Obbligo di tenere costantemente aggiornate le autorità competenti di coordinamento sull’andamento delle operazioni in corso.
  7. Impegno a non effettuare trasbordi su altre navi, tranne che in situazione di grave e imminente pericolo, trasportando direttamente le persone soccorse nel porto sicuro indicato dalle autorità competenti.
  8. Impegno a ricevere a bordo funzionari di polizia giudiziaria, su richiesta delle autorità nazionali competenti, per indagini collegate al traffico e la tratta di esseri umani.
  9. Impegno a dichiarare le fonti di finanziamento per le attività di salvataggio in mare.
  10. Impegno a cooperare lealmente con le autorità di pubblica sicurezza del luogo di sbarco dei migranti, anche trasmettendo informazioni utili alle investigazioni nel rispetto delle normative sui rifugiati e sulla privacy.
  11. Impegno, dopo i salvataggi, a recuperare nei limiti del possibile le imbarcazioni ed i motori fuori bordo, informando le autorità di coordinamento.

Giuridicamente, si tratta di un codice di autodisciplina, che ha natura contrattuale: vincola chi lo accetta, ma – almeno ufficialmente – non prevede sanzioni per chi non lo accetta. Le principali Ong che per ora hanno firmato il codice di condotta sono Save the childrenMigrant offshore aid station (Moas) e – più tardi – Sos Mediterranèe Sea Watch. A queste si aggiungono le meno note Proactiva Open Arms Sea-Eye. Non hanno invece ancora aderito Medici senza Frontiere Jugend Rettet.

Per Tommaso Fabbri di Medici senza frontiere, anche senza sottoscrizione, non cambierà nulla in concreto. “Sono fiducioso che continuerà a esserci un’ottima collaborazione con il governo, è quello che ci aspettiamo”, afferma Fabbri che assicura che Msf rispetterà tutti i punti del codice di condotta che non sono in contrasto con lo statuto interno dell’organizzazione. “La priorità non è il modus operandi di questa o quella organizzazione, ma salvare vite umane”, conclude.

Tuttavia, in un comunicato pubblicato quasi contemporaneamente al codice di condotta, il ministero dell’interno italiano fa intendere che ci saranno conseguenze concrete per le organizzazioni che si sono rifiutate di sottoscrivere il codice di condotta. “L’aver rifiutato l’accettazione e la firma del codice di condotta pone quelle organizzazioni non governative fuori dal sistema organizzato per il salvataggio in mare, con tutte le conseguenze del caso concreto che potranno determinarsi a partire dalla sicurezza delle imbarcazioni stesse”, è scritto nel comunicato del Viminale.

Il Codice è stato ideato a seguito delle polemiche, accesesi la scorsa estate, sui presunti rapporti tra scafisti e associazioni umanitarie, talvolta ribattezzate “taxi del mare”. Importante specificare che il traffico di essere umani non è nato negli ultimi mesi. Anzi, è da sempre una delle piaghe dell’immigrazione irregolare: in mancanza di possibilità legali, chi fugge dal proprio Paese – per motivi diversi – ha sempre trovato criminali pronti a sfruttare la disperazione per superare ogni confine, anche via mare.

Le polemiche degli ultimi tempi sono soprattutto politiche, perché nascono dai numeri degli arrivi registrati in Italia, saliti di circa il 14% tra l’inizio del 2017 e il luglio dello stesso anno (poi drasticamente diminuiti per via dell’accordo del governo italiano con le milizie che controllano le città libiche da cui partono i barconi). Frontex non ha mai accusato le Ong di trattare con gli scafisti, ma l’immigrazione è un tema perfetto per la politica in cerca di facili consensi.

Il problema reale è l’intreccio tra malavita e traffico di esseri umani, in particolare da parte dei gruppi criminali libici e delle mafie nostrane che, sfruttando l’assenza di una politica migratoria comune, si arricchiscono sulla pelle dei migranti.

(Novità sull’influenza delle ONG con i flussi migratori in un articolo di Annalisa Camilli su Internazionale)

(Il reportage è pubblicato in collaborazione con The Subway Wall – visita il sito)

[FontiCorriere della Sera SkyTg24 / Il Sole 24 Ore / Articolo Repubblica / Repubblica]